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Giulia – racconti di mamme

Continua il mio progetto Racconti di Mamma.

Ho fotografato e raccontato 4 racconti di mamme post parto.
Siamo così fiere della nostra pancia durante la gravidanza quanto poco lo siamo della pancia post-parto.
Sarebbe bello se invece potessimo mostrare con fierezza quella che per nove lunghi mesi è stata la casa dei nostri piccolini.
Sarebbe bello se potessimo mostrare i segni del nostro parto raccontando senza aver paura o timore.
Io da oggi voglio lasciarvi lo spazio per farlo, così che altre mamme dopo di voi possano sapere cosa vuol dire partorire.

Questo il racconto di Giulia:

 

Ho desiderato un figlio per tanti anni e allo stesso tempo, quando sono rimasta incinta ho dovuto lavorare su di me: preparare il suo arrivo. Tra i tanti pensieri, mi spaventava il cambiamento fisico, emotivo ed il dolore del parto, eppure non volevo privarmi di un’esperienza così totalizzante.

In ospedale sono stata accompagnata in ogni momento, tutto il personale è stato accogliente e accomodante. Non mi sono mai sentita sola ed il ricordo del sorriso delle ostetriche durante il travaglio e della loro disponibilità durante la degenza mi accompagnerà per sempre.

Il buio è arrivato tornata a casa.
Ho pianto ogni singolo giorno, rimpiangendo la mia vita di prima: la libertà di fare quello che volevo, le ore di sonno, la non-responsabilità. Continuavo a ripercorrere i momenti del parto: il cesareo d’urgenza, quel bisturi che mi tagliava da parte a parte, facendomi sentire meno madre delle altre. I punti che tiravano e mi obbligavano a chiedere aiuto per le azioni più semplici. I lividi sul corpo, le abrasioni, la pancia molle. Il non capirsi con questa piccolina che ogni mezz’ora aveva bisogno di me. I seni dolenti, l’allattamento che stentava a partire e comunque era molto diverso dalle scene di mamma e cucciolo cui ero abituata. Mi ripetevo: “lo hai desiderato tanto, perché ti lamenti?” e mi sentivo in colpa.
Mio marito è stato sempre al mio fianco, senza perdere mai la calma. Mi prendeva tra le sue braccia e mi ricordava di respirare. Avevo il terrore che da un secondo all’altro mi mandasse a quel paese. Ma non l’ha mai fatto. Era ed ero conscia che anche gli ormoni facessero la loro parte ma mi dicevo: “se tu che sei stabile emotivamente, con una grande rete d’appoggio, la vivi così, figurati cosa può essere per le altre mamme là fuori!”.
Sapevo di non essere sola e sapevo di essere stata ingannata. Sin dall’inizio della gravidanza mi ero resa conto che tutta la letteratura e i racconti sulla maternità fossero mistificati, come zuccherini che addolcivano la pillola. Come se le donne avessero bisogno di una bugia per perpetuare la specie.
Io, da sempre sognatrice con i piedi per terra,
avrei solamente voluto essere “normale”. Compiere e subire scelte che fossero “naturali”, “semplici”, ma la verità è che tutta la maternità è “brutalmente normale”.