a

Hi there! This is Esben, an elegant photography theme. Are you ready to show your work to the world?

Back to Top

Francesca – racconti di mamme

Parte da qui il mio progetto Racconti di Mamma.

Ho fotografato e raccontato 4 storie di post parto.
Siamo così fiere della nostra pancia durante la gravidanza quanto poco lo siamo della pancia post-parto.
Sarebbe bello se invece potessimo mostrare con fierezza quella che per nove lunghi mesi è stata la casa dei nostri piccolini.
Sarebbe bello se potessimo mostrare i segni del nostro parto raccontando senza aver paura o timore.
Io da oggi voglio lasciarvi lo spazio per farlo, così che altre mamme dopo di voi possano sapere cosa vuol dire partorire.

Questo il racconto di Francesca:

Bianca è nata di 42 settimane, dopo due giorni di induzione con pillole falliti.
Il terzo giorno, all’alba, mi hanno svegliata per portarmi in sala parto e iniziare l’induzione con infusione di ossitocina. Dovevo lasciare la camera e portare con me tutte le mie cose.
Unico problema: mio marito non c’era e io, con il pancione delle mie 42 settimane e tutti i dolori che mi portava, ho dovuto raccattare alla rinfusa tutto ciò che avevo e prepararmi per il parto. Il papà è arrivato giusto in tempo e insieme siamo scesi nella sala parto.
Lì un’ostetrica gentilissima mi ha spiegato cosa sarebbe successo e cosa stavamo per fare.
Non avevo paura.
Ero solo felice.

Dopo tanta attesa, finalmente avrei conosciuto la mia cucciola. Ricordo che guardavo il sole accarezzare San Luca dalla finestra e pensavo che la mia piccola aveva scelto l’unico giorno in cui la nebbia si era diradata per nascere.
Era per me la conferma che lei avrebbe portato il sole nelle nostre vite.
La mattina è trascorsa tranquilla, riuscivo a gestire il dolore con la palla e con tutti gli altri metodi che avevo imparato al corso preparto, ma il mio utero ancora non si apriva. Per questo per due volte hanno provato a rompermi per due volte le acque, salvo poi rendersi conto che le avevo già rotte, probabilmente quasi un mese prima quando ero andata al pronto soccorso ma ero stata dimessa perché avevano valutato che la mia era solo idrorrea. Hanno quindi aumentato l’ossitocina.
Intanto c’era stato il cambio turno e la nuova ostetrica, per quanto meno materna, era efficiente e super pronta ad ogni cosa e ciò mi rassicurava.
A questo punto però sono iniziate le dolenti note. In pochissimo tempo il mio utero si è dilatato al massimo, provacandomi dolori atroci e impedendomi di fare l’epidurale.
In due ore Bianca è nata. Non appena l’ho sentita piangere ogni dolore è davvero, come raccontano le altre donne, scomparso. Purtroppo però quella che sembrava una lacerazione di primo grado, quando l ostetrica ha dovuto cercare una garza che si era persa nella vagina, ha scoperto essere molto più grave e profonda.
Così sono stata portata in sala operatoria. Anestesia, un’ora sotto i ferri e l’unico pensiero di rivedere la mia bimba. Quando sono stata portata in camera, però, ancora dolente, nuda e incapace di muovermi, c’erano le mie cose ma non mio marito e la mia bimba. Loro non erano stati avvertiti del mio arrivo e così sono rimasta sola.
Nell ignoto, per un tempo infinito. Quando finalmente li ho visti entrare in camera ho ripreso a respirare. Ho subito voluto prendere la cucciola con me e godermi il tempo perso con lei. In tutto ciò però, io e mio marito siamo stati lasciati un po’ in balia della nostra piccola.
La mia fortuna è stata la pregressa esperienza con i neonati, altrimenti come avrei cambiato un pannolino?

I giorni successivi sono stati intensi, infiniti. Ero ritenuta autonoma, quindi la notte ero da sola, nonostante i punti mi rendessero difficile salire e scendere dal letto, muovermi ed andare in bagno. La mia cucciola era sempre attaccata al seno e sebbene questa cosa mi rendesse felice, ero esausta.
Di giorno non riuscivo a dormire a causa delle visite per me e la bimba, il viavai delle persone e gli altri genitori in camera.
Di notte avevo paura di addormentarmi con la mia piccola tra le braccia perché, sebbene sapessi che era pericoloso farla dormire con me, non avevo altro modo: appena la posavo nella culletta lei piangeva e io provavo ancora troppo male a salire e scendere dal lento, oltre ad essere lentissima a farlo. In quelle ore alcune ostetriche sono state solerti e amorevoli con me e la mia bimba, altre un po’ meno. Era come essere su un’altalena.
Arrivate le dimissioni ero felicissima.
Una volta a casa, però, letta la lettera di dimissione mi sono resa conto che molte cose non erano state spiegate così ho deciso di chiamare la mia ostetrica e farla venire a casa.

A venti giorni dal parto come mi sento?
Ho ricordi bellissimi e sono felice ma ho la consapevolezza che la mia bimba ed io siamo state fortunate. Lei è rimasta troppo tempo senza liquido amniotico, la mia induzione è stata troppo veloce e la nostra degenza è stata a volte troppo solitaria.