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Chiara – racconti di mamme

Continua il mio progetto Racconti di Mamma.

Ho fotografato e raccontato 4 racconti di mamme post parto.
Siamo così fiere della nostra pancia durante la gravidanza quanto poco lo siamo della pancia post-parto.
Sarebbe bello se invece potessimo mostrare con fierezza quella che per nove lunghi mesi è stata la casa dei nostri piccolini.
Sarebbe bello se potessimo mostrare i segni del nostro parto raccontando senza aver paura o timore.
Io da oggi voglio lasciarvi lo spazio per farlo, così che altre mamme dopo di voi possano sapere cosa vuol dire partorire.

Questo il racconto di Chiara:

 

La nostra storia di maternitá inizia con una puntura nella pancia.
Sí, é una storia di fecondazione. O, più correttamente detto, é il racconto della nostra PMA. Procreazione Medicalmente Assistita.
Te lo dico subito perché potresti non sentirti di leggerla. E ti capirei. Davvero.
Perché é anche una storia a lieto fine e se sei nel pieno del tuo, del vostro percorso, forse hai bisogno di altro in questo momento. Lascia questo racconto e ascolta solo te.

Io ho dovuto proteggermi, molte volte.
Prima dalle domande inopportune e fastidiose sulla maternità, quando i miei obiettivi erano altri.
Poi dai pancioni in strada e dai post felici delle gravidanze altrui sui social, dove sembra (sembra!) tutto semplice e così dannatamente naturale per quelle future mamme.
Per me era quasi insopportabile. Non ne vado fiera ma é la verità, così mi sentivo.

Quando dentro di te il desiderio di essere madre si allinea a quel momento della tua vita in cui sai che sarebbe quello giusto, e non ci riesci, il rischio é quello di cadere in un vortice di frustrazione, delusione, pensieri negativi da cui non sempre é facile uscire.

Quando mi sono accorta di quello che stava accadendo dentro di me, prima mi sono spaventata ma poi ho scelto di agire.
Ma attenzione: ho potuto scegliere perché ho avuto il privilegio di poterlo fare.

Le storie di fecondazione non sono solo storie di medicina e statistica, fortuna e fede, ormoni e siringhe.
Sono storie fatte di attese, a volte lunghissime, di anni, quando il tempo é una variabile determinante. Con l’aumentare dell’età della donna, le percentuali di riuscita si riducono.

E sono storie di denaro; per questo parlo di privilegio. Non in tutti i casi, l’attesa per accedere al servizio pubblico é sostenibile e relativamente poco impattante sul potenziale successo dell’operazione. E quindi prendi tutti i tuoi risparmi e ci provi, scegliendo una clinica privata che può essere nella tua città, come nel mio caso, oppure anche lontano, con tutte le spese e le difficoltà che trasferte frequenti (in certi momenti anche ogni due giorni) comportano.

La nostra storia, iniziata con quel primo buchetto in pancia (fatto da me dopo una serie di prove ed errori degni del miglior puntaspilli, come quelli della sarta) é proseguita con un prelievo ovocitario glorioso (16 ovociti), una buona inseminazione (10 vetrini in cui uovo e spermatozoo hanno tentato l’incontro) e una sola, unica, possibilità di riuscita.
Una blastocisti.
Di 16 opzioni iniziali ci era rimasta una chance. Piccola. Delicata. Preziosissima.

Ho soprannominato quella blasto in un vetrino come uno dei miei supereroi preferiti (sí, ho una passione esagerata per la Marvel e gli Avengers). Avevo bisogno di credere che ce l’avrebbe fatta, nonostante i numeri non fossero dalla nostra parte.
Tony. La nostra unica possibilità.

Ma il nostro desiderio si é avverato.

La gravidanza é passata. Non senza disagio, lo devo ammettere, ma mai nulla di grave.

Il parto? Col senno di poi, lo metto al terzo posto della mia personalissima classifica delle “fatiche di una madre” (altro che quelle di Ercole): pensavo peggio. Lacerazione di terzo grado a parte, dolorosa non tanto sul momento quanto nelle settimane a seguire: male a camminare, male a sedermi, male a dormire.
Ma ho avuto per tutto il tempo con me ostetriche dolci, preparate e anche ironiche: sí, posso dire di essermi pure divertita in sala parto in alcune occasioni (vedi quando avevo le mutande a canotto, ancora gonfie dopo un’ora dalla rottura delle membrane).

Ma quello che ti mette più a dura prova é sicuramente l’allattamento.
Non ero pronta allo stress di questa fase. Per ora, ci provo e faccio del mio meglio.
Perché nel passaggio più difficile di questa maternitá non sono sola.

Sono con lei.
La Tonina che ho sempre aspettato.
La mia supereroina.
La nostra Emilia.