Continua il mio progetto Racconti di Mamma.
Ho fotografato e raccontato 4 racconti di mamme post parto.
Siamo così fiere della nostra pancia durante la gravidanza quanto poco lo siamo della pancia post-parto.
Sarebbe bello se invece potessimo mostrare con fierezza quella che per nove lunghi mesi è stata la casa dei nostri piccolini.
Sarebbe bello se potessimo mostrare i segni del nostro parto raccontando senza aver paura o timore.
Io da oggi voglio lasciarvi lo spazio per farlo, così che altre mamme dopo di voi possano sapere cosa vuol dire partorire.
Questo il racconto di Eleonora:
Quando mi hanno riportata in camera dopo l’operazione, appena aperta la porta dell’ascensore, si sentiva il pianto disperato di Deva ad un intero corridoio di distanza. Non so dire da quanto tempo fosse sola con Damiano ed un’ostetrica, perché il cocktail anestesia, antibiotici, morfina e antistaminici mette una certa sonnolenza e potevano essere passati 10 minuti come 10 ore.
Ero così stanca che per attaccarla al seno mi hanno letteralmente circondata di cuscini e creato un appoggio per il gomito, di modo che non rischiasse di cadere qualora (ed è stato così) mi fossi addormentata.
Molti dettagli di quella mattina mi sono tornati in mente giorni e settimane dopo, uno in particolare dopo la tragedia all’ospedale Pertini di Roma e tutto quello che mi ha smosso dentro..”Tieni il seno premuto lì, così è distante dal naso, è ancora troppo piccola per staccarsi e riattaccarsi da sola se dovesse far fatica a respirare”.
Ma ripeto, io avevo sonno. Molto.
Damiano è stato in piedi vicino al letto tutto il tempo, solo ora capisco perché non si sia quasi mai seduto.
#potevoessereioquellamamma ma sono stata fortunata, per quanto mi faccia rabbia il pensiero che la mia condizione, in quelle ore, non sia stata valutata singolarmente..lungi da protocolli e da quel che è “bene” in generale per una neo-mamma e il suo bebè.
Sono stata fortunata perché lui non mi ha mai lasciata sola, quando lo ha fatto sono subentrati i miei genitori e la notte nostra figlia è stata collaborativa e, fatta eccezione per le poppate, ha sempre dormito beata.
Sono stata fortunata perché il mio corpo ha prodotto tutta l’adrenalina necessaria per sopperire al cocktail operatorio e alla mancanza di sonno, non tanto di quelle 48h di ricovero ma dalle tre settimane di notti insonni dopo che il 5 settembre, segnando il mio nome in agenda come se fosse un appuntamento dal parrucchiere, un medico ha deciso il giorno in cui avrei partorito.
Sono stata fortunata perché appena mi sono ripresa, la mia mente era lucida e quell’inimmaginabile dose di amore che mi ha travolta mi ha tenuta sveglia per molte altre notti dopo.
Sono stata fortunata per essere stata abbastanza bene da rifiutarmi di accettare un “allattala sul fianco, così vi addormentate e riposate tutte e die” e ho passato letteralmente 2 giorni sulla sedia grigia in questa foto mentre lei dormiva serena sul mio letto e mi chiedevo se fosse vera e se davvero l’avessi messa al mondo io.
“Quando nasce unə bambinə, nasce anche una mamma”.
Queste parole mi sono risuonate in testa 9 mesi e mi sono stupita ogni volta che stringendo mia figlia tra le braccia mi sono sentita smarrita, inadeguata e ho preteso aiuto..ripensandoci ora avrei potuto immaginarlo se solo quella frase non fosse stata sempre incompleta.
“Quando nasce unə bambinə, nasce anche una mamma che ha bisogno di cure e attenzioni proprio come il suo cucciolo” potrebbe essere una versione più realista e meno fuorviante dello stesso concetto.
E vi assicuro che sto crescendo insieme a lei e sono ancora mooolto distante dall’essere la sua Mamma con la M maiuscola. E va bene così.
Solo che l’ho realizzato dopo 4 mesi, mesi che non sono stati sempre rose e fiori e in cui per ammettere che essere mamma non è sempre una festa e per non sentirmi in colpa a questo pensiero, ho dovuto fare moltissimi respironi profondi e permettermi il lusso di essere me stessa lontano da qualsiasi ideale.
Sono sì fortunata, ma in questi giorni anche tanto arrabbiata!